Con il nome di calcestruzzo si intende il conglomerato artificiale formato da cemento, sabbia, ghiaia e acqua, mescolati ciascuno in opportune proporzioni. Quando il calcestruzzo incorpora un’armatura metallica, il conglomerato ottenuto è definito cemento armato o, più propriamente, calcestruzzo armato. Tale conglomerato, ritenuto per anni inalterabile e di durata illimitata al punto da essere definito una pietra artificiale, nei tempi passati non veniva quasi mai trattato con sistemi protettivi. Purtroppo, solo con il passare del tempo e con il manifestarsi di gravi problematiche sia estetiche che funzionali ci si è accorti che, in realtà, è soggetto a fenomeni di degrado che ne alterano le proprietà.

Le rapide modifiche cui l’ambiente è stato soggetto negli ultimi decenni, con un inquinamento progressivo ed un’aumentata aggressività, ha generato condizioni tali da intaccare seriamente la fama di eternità che nel tempo la natura composita del cemento armato e calcestruzzo avevano creato.

Le principali cause di degrado possono essere così raggruppate:

  • Degrado meccanico strutturale, indotto da urti, erosioni, sovraccarichi strutturali, assestamenti, ecc.
  • Degrado fisico, dovuto a cicli gelo/disgelo o a variazioni termiche naturali o artificiali
  • Degrado chimico, causato da agenti aggressivi presenti nell’atmosfera (CO2, SO2, etc.), da reazioni alcali-aggreganti, ecc.

Le alterazioni che si possono presentare sono sempre associate alla presenza di acqua che gioca un ruolo principale, da un debole fenomeno di dissoluzione fino a fenomeni più complessi.

Il processo di degrado non dipende da una sola causa; spesso più processi possono avvenire contemporaneamente, interagendo e accelerando il corso di deterioramento che provoca una diminuzione del carattere protettivo del calcestruzzo dal punto di vista fisico e si manifesta con un aumento di porosità del conglomerato che, risultando meno impermeabile agli aggressivi esterni, assorbe gli inquinanti che accelerano il degrado delle strutture. Con il procedere del degrado si arriva allo sgretolamento progressivo delle parti superficiali e alla formazione di crepe e fessure. Il degrado dei manufatti non adeguatamente protetti, esposti ad atmosfere aggressive o a condizioni di impiego particolari (come ad esempio nel caso di manufatti autostradali), può compromettere, anche a livello strutturale, le funzionalità delle opere. La protezione dei manufatti prevede l’utilizzo di prodotti che impediscano ai gas atmosferici (principalmente anidride carbonica e solforosa), ai sali e all’acqua di penetrare il supporto, creando le condizioni ideali per innescare processi di degrado.

Per quanto riguarda la reazione chimica che avviene fra l’anidride carbonica presente nell’aria e malta (procedendo dall’esterno verso l’interno) si crea una riduzione del pH del conglomerato. Quando il pH si avvicina a 9 in prossimità dei ferri di armatura e si è in presenza di avanzato degrado superficiale, l’ossigeno e l’acqua assorbiti dal conglomerato cementizio inducono la corrosione del ferro.

Alcuni Sali presenti nell’impasto o assorbiti dal terreno, insieme a fenomeni atmosferici, accelerano il fenomeno. Poiché la ruggine ha un volume molto maggiore del ferro (oltre il doppio), si originano elevate pressioni interne che portano a spaccare la copertura cementizia dei ferri (copri ferro) con conseguenze dannose facilmente visibili. Da questo momento in avanti la superficie di contatto con le cause del degrado (CO2 + Acqua + O2) viene portata all’interno della struttura ed il fenomeno accelera in maniera esponenziale. Capita spesso poi che il conglomerato cementizio venga in contatto con acque e terreni contenenti solfati, acque marine e ambienti industriali che emettono nell’atmosfera vapori o gas ricchi di SO2 e SO3. In questi casi si hanno reazioni particolari con formazione di gesso e di altri Sali complessi. Queste reazioni, che avvengono sulla zona corticale portano nel caso della formazione del gesso, alla riduzione della resistenza meccanica e, nel caso della formazione di Sali complessi, all’aumento del volume solido che induce la formazione di micro fessure con il distacco di placche superficiali. Al fine di preservare nel tempo la funzionalità dei manufatti è buona norma prevedere sempre l’applicazione di sistemi protettivi su tutte le strutture in conglomerato cementizio. Nel caso di strutture recenti, ad un’analisi superficiale, i supporti possono apparire esenti da problematiche; in realtà, spesso, nascondono difetti che possono pregiudicare la buona riuscita delle operazioni di verniciatura. Una tra le problematiche ricorrenti riguarda la presenza di distaccanti superficiali che, specialmente nel caso della prefabbricazione, vengono utilizzati per agevolare la fabbricazione. In questi casi le superfici possono presentarsi lucide o untuose e creare problematiche di adesione con i sistemi di verniciatura utilizzati. In altri casi possono essere presenti nel conglomerato cementizio impurità di diversa natura (ad esempio materiali ferrosi come le loppe d’altoforno)  che si evidenziano a distanza di tempo con striature di ruggine sulle superfici tinteggiate soggette a dilavamento.  Nel caso di strutture deteriorate occorre provvedere ad un ciclo di ripristino che  comprende la preparazione del sottofondo, la passivazione dei ferri d’armatura con il ripristino puntuale con malte tixotropiche, l’eventuale rasatura con rasante con proprietà volte a ritardare la carbonatazione del calcestruzzo e la conseguente ossidazione dei ferri di armatura (formazione di ruggine).

Il trattamento di verniciatura e protezione finale deve essere realizzato utilizzando sistemi in grado di generare una barriera fisica che sia in grado di rallentare i fenomeni di degrado precedentemente descritti. Tali sistemi devono essere caratterizzati da un bassissimo assorbimento di acqua liquida, una bassa permeabilità alla CO2 (certificazione anticarbonatazione), e un basso modulo elastico che li renda in grado di compensare i micromovimenti del supporto senza che si formino fessurazioni del film.

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